VITTIMA
Per uscire un po' dall'incubo della neve e delle conseguenze inevitabili che porta con se, per non pensare e divenire di conseguenza triste voglio ritornare indietro nel tempo al tempo della gioiosa primavera che tanto ci allieta i cuori e come al solito la canterò con poesie e foto.
Mi hai svegliato
nella notte fonda
misero, con un canto,
che, come rantolo,
stridulo e rauco
rivela
il tuo stato
vaneggiante
di cervello disperso
tra fiumi di droghe.
Nessuno ha sorretto
la tua pena d'essere
e tu, povero invertebrato,
vittima, sei nel baratro.
Ma le strazianti grida
della tua anima
feriscono la mia
e, pur se impotente
m'accosto al tuo capezzale
e penso che, se solo avessi avuto
sentore, dei mille colori ed odori
di un giardino a primavera
o di un cielo stellato
in una calda serata d'estate
altro canto, la luna ed io,
avremmo udito,
in questa notte insonne.
Mi par di udir
il tuo cinguettio
nel fragor del tuono
piccolo implume
ancora,
incapace di volare
e, se avessi ali,
volerei da te,
per supplire all'assenza
di tua madre dispersa,
forse da tempesta.
Ardita, accanto ti sarei,
per consolare
quel pigolio disperato
che mi strappa il cuore.
Fantasia tu involi
fra azzurri soffusi
e nubi multiformi,
fra umile, opulente,
aulente o prive di profumo,
sacerdotesse arcane,
che sbirciano vanesie
la forma, nello specchio
che riflette,
il loro splendore,
donando, luce al buio,
odori al vento,
segreto squarciato
di colei che, in grembo
greve, cela meraviglie per me,
che da un anno aspetto,
come ape, la composita
esplosione
del vagheggiato ritorno
che da senso al giorno,
e, fortuitamente, a quello,
del passante arretito,
dal suo incanto.
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