APOSTROFO ALLA MORTE
La splendida mimosa
che tu piantasti ai piedi
della scalinata a sud
della ridente casa
divenuta maestosa
in una giornata di bora
d'ottobre duemila sedici
come te, mi ha lasciata.
Sradicata dalla veemenza
di quel vento guru infernale
a terra, senza pudore,
furtivamente fu adagiata.
Così della vostra ombra
nelle torride giornate
del mesto vivere,
non ho più tripudio.
Le arance, li a fianco,
in una notte
fredda di questo
stramaledetto
inverno duemila diciotto
anch'esse falcidiate mostrano
nude braccia scheletrite
rivolte verso il cielo.
E il lido, tanto amato,
ora appare spoglio e privo
dello stupore che, il perduto,
di grazia allora l' ornava.
Morte,
dai mille perversi volti
tu che sei autore
di atroci misfatti
provi dolore e pena
per ogni tua azione
oppure te la ridi
come il più misero
dei vigliacchi?
Silenzio.
Essa tace, solo perché
verbo le fu negato.
D'altronde inutile la parola
se tutto mostrasi scontato.
Comunque non vorrei essere
al suo posto poiché
la sorte di assassina
è più triste della mia
che soffro e piango
del male ricevuto ma
senza lacerazioni di rimorsi
che dannatamente invece
essa nolente, si trascina.
Foto: Mimosa
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