mercoledì 7 marzo 2012

LETTERE IN ATTESA DI RISPOSTE

La mamma é inquieta, la mamma è  preoccupata, la mamma é stanca, la mamma sfiduciata ti parla ma, purtroppo, in tutto ha fallito perchè tu stai, come uccello sordo, appolloiato sul trespolo dell'ignoranza, indifferente.
Indifferente alla sofferenza, indifferente ai rimproveri, indifferente all'avvenire, all'amore: tu piccolo mio ti culli di trastulli vuoti e nocivi. L'anima N... é quella cosa che distingue un uomo da un altro e lo rende unico ed irripetibile nel cosmo  e nel tempo.
Vedi ,questa piccola verità, come scrigno, custodisce l'arcano che ci circonda.
Non dar retta all'incoscenza.
Non dimenticare come, grazie ad un tuo sogno concittadini tuoi avranno, per tuo merito un bene immenso: a proposito, il Comune ha ripreso i lavori, quindi  presto, forse, vedremo conclusa l'opera da te ideata.
La mamma, nonostante tutto, spera  molto in te  e ti chiede umilmente scusa se non sempre riesce a comprenderti.
Bisogna convenire che la mia e la tua natura sono sostanzialmente diverse e pertanto è difficile intendersi eppure, nonostante ciò,  sono sempre pronta a perdonarti, a parlarti ma tu, purtroppo non ascolti, ad altro porgi orecchio e mente ed è per questo che io dispero di perderti per sempre.
Sappi però, per quanto amore o altro d'allettante ti possa offrire la vita, nulla potrà competere con l'amore di tua madre.
Sii buono e gentile con tutti come tu sai esserlo, se vuoi. Rispettoso dei doveri, ancorato al bello e al buono della vita e così tu tellina ed io scoglio, saremo inseparabili a qualsiasi sferzata tempestosa che ci potrà piovere addosso.
Un bacio ed un abbraccio da tua madre.

p.s. Sciagurato hai dimenticato di fare gli auguri di buon  compleanno a papà, ti sembra bello?

15/9/2005







Ascolta,
dentro pulsa, come motore a mille giri, la rabbia dell'impotenza, la coscienza d'essere un fallimento in questo ruolo così difficile.
Distante, persa in galassie sconosciute, consumi la vita in mendaci sogni.
Vergati dal mutismo, ogni rimprovero, mi condanna al patibolo della vergogna.
Ed io, nell'afflizione d'essere per te inutile cosa, tralasciando l'usurante quotidiano in cui il parlare si riduce ad umili briciole incolori, ti scrivo per far breccia nel tuo cuore  celatomi, dall'ingombrante ciarpame, del suo splendore.
Fra biondi messe le dita, in tenere carezze, vorrebbero strappare le paure e i pensieri ciechi che ti fanno precipitare in quella classe, inventata dall'assurdità del pensiero umano, da prima ad ultima.
Se fermassi per un attimo, nelle mie, le tue pupille spente, nello stesso modo in cui si procede per accendere un cerino, le strofinerei sull'ardore  di ogni mio pensiero, che ti coinvolge, per riaccendere la fiamma del desiderio.
Vorrei come leggera gazzella, dar volo a queste stanche  membra e correre con te sul bagnasciuga  all'infinito mentre onde fessuose lambendo i piedi, ci trasmettono dell'ancestrale liquido l'eterno moto.
Mentre invece sul tuo lettino  abbandonata, come spenta luna, chiusa corolla, neghi al sole o qualsiasi altro elemento di sfiorarti.
Nelle notti insonni, mentre mi dispero per te,  il pensiero si espande e pena infinita sconvolge l'anima per i diseredati che lottano e vivono di niente perchè nel semplice e nel buono della vita ripongono fondamenta incrollabili di fede.
Il buono della vita, mia dolce e tenera creatura, devi saperlo riconoscere e cogliere nel più umile e miserevole degli uomini ed è quello che tu ora neghi: un raggio di sole, una carezza, un sorriso, la fatica di un essere che si arrabbatta per la mollezza del tuo vivere.
Un bacio come brezza di sera d'aprile sfiorando il tuo volto, vorrei ti svegliasse dal tuo torpore.
Il mio mondo d'amore che, per sempre t'appartiene, giace morente dinnanzi a te mia piccola musa, fa in modo, prima che sia troppo tardi, d'accorgerti di esso.
Fa che non avvenga davvero, la sua sparizione.
Un mondo che svanisce è un mondo perduto per sempre.








A te,
I giorni, come petali nel turbinio del tempo, vorticosamente sparpagliano.
Ogni pensiero di oggi smarrisce nei sentieri ove i pensieri di ieri, per assurda fatalità, congedandosi, frettolosamente, si allontanano, eludendo la nostra compagnia perchè, nel continuo divenire, noi non siamo mai uguali a prima.
E allora, dove il tempo e le parole dell'attesa, dove il fremito del cuore, i tanti smarrimenti, dove i sentimenti e le azioni,  di cui sono muse ispiratrici?
T'attendeva e pensava ma i rivoli di pensieri, or monchi, or gravidi di oppressione, li scacciava e si beava solamente della tua ingombra presenza.
L'inimmaginabile, senza fotogrammi, carezzava.
Ti neniava di motivetti armoniosi quando ancora il liquido amniotico protettivo ti cullava e, non trovava spazio capace di contenere la sua letizia.
Si chiedeva, sarà sana, sarà bella, sarà intelligente, sarà buona o di  ciò sarà un bel niente?.
Ogni domanda aveva una univoca risposta: sarà e, sol per questo, la erigo già da ora a regina di mistero.
Che notte inenarrabile la notte in cui venisti al mondo. Il cielo squarciato da lampi e tuoni e tu per la foga, squarciavi il doglioso corpo.
L'impeto, l'audacia e l'ingegno, prerogative del tuo vitale essere si sono manifestate in  ogni conquista:a dieci mesi, come un piccolo treno, correvi per le soleggiate stanze, autonoma ed indipendente mai un bernoccolo; le sicure, lunghe, avvolgenti gambe, sfuggivano i ruzzoloni, caratteristica di tanti bambini.
Lo stereo taceva ma la fiaba su cassetta, tante volte lì udita, senza sbagliare verbo, mille e più parole,  a due anni ripetevi a chi si poneva ad ascoltare.
I puzzle, solo attimi per ricomporli.
A due anni o poco più qual prodigio si spiegava dinnanzi a colei che stupita si poneva ad ammirare.
Che testardaggine! La forte personalità prepotente si imponeva.
Le iniziali pagine dei "Promessi Sposi" e del I canto dell'inverno dantesco, crescendo ma ancor bimba intraprendente e curiosa  scovavi nella libreria,  a memoria poi, declamando andavi.
Leonardo, Michelangelo, Raffaello, nessuno, dei più grandi escluso, con dovizia e maestria, il tratto, nei tempi immoti,  duplicando stavi.
Suonando Mozart, l'immortale, gridavi:"Nessuno é più grande di lui mamma, neanche il tuo amato Beethoven".
.Solamente nove anni avevi.
Fanciulla dalle dorate ali adolescenziali, tu fosti e sei, una profumata meraviglia del creato; custodiscila, accrescila, rendila, affinchè il donato non sia stata inutile cosa.
Immeritatamente ma, che splendido gioiello ha avuto in dono. Certamente ve ne saranno altri magari più splendenti  tuttavia, per lei, nessuno ti eguaglia e sì che di difetti da correggere ve ne sono ma chi, nato sotto questo cielo é perfetto?
Se potesse, ad uno ad uno, strapperebbe i suoi pensieri e, come maga truffaldina, li trasformerebbe in tante, ciliegie vermiglie, da offrirle su di un vassoio d'oro affinchè   comprenda, di qual ambrosia é intriso questo amore.
Dopo un alterco, perchè certamente, il loro stare insieme non si esplica sempre in armonico contrappunto come nei Brandeburghesi, rinnega n'amarla ma poi lacrime liberatrici, fanno ritornare la mente satura di quell'unico sentimento.
Il suo acerbo cammino, come agnello sacrificale, si pone agli ingrati compiti, che il giorno riserva e lei, riluttante, s'adegua solo per non dispiacerla.
Vuoi che non capisca ciò, dolce  pigolante pulcino spettinato ma, d'altro canto, come vuoi andare incontro al divenire, nuda di conoscenza? Come terra, in balia di meteorite. saresti colpita e allora morente, cosa mai potrebbe più fare lei per te?
Sol per questo, deplorando l'indolenza, ti sprona, solo per questa cerca di dare al tuo tempo lo sfavillio dell'oro rubando, alla beata inettitudine, respiro produttivo.
Se lei potesse, come aquila al suo implume, ti alimenterebbe con bolo, svuoterebbe, il mondo a te circostante, dell'ingrato, per non dover mai vedere tristezza, stizza, rimpianto o quant'altro di spiacevole rende malinconici gli adolescenziali laghi in cui lei specchia, l'espressione disperata del suo, progressivo, andare alla deriva.
Un prato verde smeraldo, una miriade di corolle, al sole, abbandonate alla brezza che accarezza il collo, avvertendo, un brivido sottile, necessario, per sentirsi vive, come cascate gorgoglianti, questa è l'estasi che prova, ad averla al suo fianco.
Questa la somma aspirazione a cui verte il pensiero di una tremula  foglia che avverte, vicina, la ineluttabile caduta, mentre germoglio si appresta a spiccare il volo nell'etere della vita.
Bimba: le nubi son solo pennellate di colore, per spegnere un po' l'abbagliante azzurro del sovrastance cielo.
Monta, con la fantasia sulle rampanti groppe e sul tappeto, adorno di stelle, steso ai tuoi piedi, cavalca l'insondabile, con al fianco un solo compagno: la meraviglia.
Fanciulla: fervida preghiera, per l'integrità del fragile cristallo, recita.
Donna: inadeguato cosmo l'universo per te è.
Quando questo scritto, sarà fiore secco, inumidiscilo con lacrime di rimpianto, esalerà un profumo capace d'inebriare e la solitudine, verrà, da soave immortalità, sconfitta.
Eternamente accompagnerà, l'incognito futuro suo vagare, la  melodia che candide mani, sprigionano per sua madre.
Un poema intraducibile e tanto ancor di più tu sei... per tua madre. Voleva lo sapessi.










A te solingo arcano che mi vivi accanto,
Amore dei dì passati, amore dei dì presenti,  amore dei dì futuri, nei tuoi occhi stanchi, che io amo tanto, nessun riflesso di questo amore. Un corruccio perenne cela ai distratti, quel guizzo che io, attenta noto e, disperatamente, vi appiglio la ragion d'essere.
La vita é un vortice che travolge e quando questo accade lei non chiede certamente scusa. A terra, sgonfio, come un palloncino bucato, ispiri solo pena. Quel buco che ha procurato la rovinosa caduta in te si ripara solo quando rientrando a casa dalla spesa mi chiami ma, se l'appello cade nel vuoto, con sordo rumore, lo smarrimento che ti assale è tanto palpabile sì da immaginarlo come spada che ti lacera ill cuore. Se invece, alla tua chiamata io rispondo, ti sento rassicurato ma la sicurezza diviene cortina che nasconde ogni espressione di tenerezza e così la logorosa noia del quotidiano, come spugna, l'assorbe, fino a farla scomparire.
Il sapere che ci sono, vela quel sentimento che appare solo nell'angoscia di quella chiamata caduta nel vuoto, quando non v'é risposta.
Qual meraviglioso delirio mostrare l'anima  nel suo candore, molti però, ritrosi e schivi, non vi riescono e tu, per mia disgrazia, appartieni a questa schiera ma, poiché io sono perspicace, in mille sfumature, colgo il non detto, leggo il non scritto e avverto che, pur se tenuto nascosto, l'amore, per mia fortuna, c'é.
Per te vorrei divenire titanico gigante capaci di sconfiggere ogni cosa che ti adombra, ogni cosa contraria che si frappone fra te e l'allegria, fra te e le ardue prove, fra te e quel sorriso negato, in ogni dove in ogni sempre.
Amare un diverso, amare un disadattato o un emarginato come deve essere difficile ed io ammiro ed invidio coloro che facilmente vi riescono e allora penso che noi, con poca fatica, perchè il terreno dove spargiamo il seme é diverso, potremmo elabrare un laboratorio di eterne rinascite primaverili permettendo all'anima di volare spesso nel limbo della sua origine. Ne convieni amore mio?
Il mio fraseggio vuole essere solo un messaggio per invitare entrambi a riflettere un po', cercando di eliminare quelle piccole stonature che fanno apparire l'amore sbiadito, sbiancato come  le nostre capigliature nel tempo che inesorabilmente va...
In confronto ai diseredati, agli ammalati, agli empi, alle vittime innocenti, noi siamo privilegiati e , per questo privilegio innalzo  una preghiera al cielo che ci ha destinato a cose semplici ma belle.
In un rammendo vagheggio sulla fortuna di una carezza che come farfalla volteggia sul colle della speranza dove le idee si fanno portatrici del palpito dell'anima immortale.
Tre figli che danno apprensioni, inquietudini, dispiaceri ma in fondo, teneri e fragili con doti che, nonostante il tuo dire, ne faranno magnifici uomini  dell'incerto domani.
Una casa, così personale, che tutti ammirano. Un giardino che, oltre a tanto sudore perché i giardinieri siamo noi, per le sue meravigliose fioriture quanto stupore ci regala ed in me , ogno volta che vi torno, suscita una emozione così grande sì da starne male.
Tu non ami la poesia ma i poeti non ne possono fare a meno ed in questa speciale occasione in cui il mio pensiero ti giunge non per la verbale scheletrica forma ma sancito da un  soliloquio scritto voglio, nella forma che mi è più congeniale descriverti appunto in versi le ultime emozioni che hanno suscitato in me il nostro giardino.

GRAZIE DIO

Adottai un nudo
quadretto di terra,
faticando é diventato,
un oasi incantata.
Cipressi neri e dritti,
come soldati incolonnati
indicano  la via
all'estraneo invitato.
Fazzoletti di pizzi ricamati
sorretti da membra
giallo  limone
rischiarono l'angolo
quello più oscuro.
Solleticano , l'olfatto sopito,
lavande e gelsomini e,
rose d'ogni colore
ripetono all'unisono
primavera é già fiorita.
Formula un pensiero
la mente sfaccendata
quante ancora?
Mi ravvedo, pensando a te,
che nulla hai avuto
e dico:
poche o tante
che sono state,
grazie Dio
per avermele donate.

Oltre a Lui, per quanta gioia ho nel mio essere, voglio ringraziare te che, assecondi ogni mio sano capriccio o desiderio perché certamente, senza il tuo aiuto, questi sarebbero rimasti solo tali.
Grazie amore, grazie di esistere, grazie d'essere la vagheggiata espressione  del supremo impalpabile.
Questa dichiarazione d'amore vorrei riecheggiasse alle orecchie di chi non l'ha  affinché emulandoci sappia inventarlo, perché l'amore é l'univoco elemento che fa l'uomo immagine del suo creatore.














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