lunedì 13 febbraio 2012

PENSIERI FRA LE NUBI

La tempesta in breve sosta
si posa ed io porgo lo sguardo
altrove, su ridenti vallate
incorniciate di biancospino,
casa di ricci e rospi rossi.
Punti che,
nella insondabile eternità
par che lieti, sorridono.







Ho rincorso una farfalla
leggiadra ma, confusa
in una nuvola
violetta sfumata,
bianca e gialla,
di una papillionacea spinosa,
l'ho smarrita e perduta.
Un maggio suadente
mi ha distratta
col profumo più intenso
sensuale ma quasi irreale,
e, ricordando la sua forma, 
con lieve soffio dell'anima
sospirosa e appagata,

il suo nome sussurro:
M.me Isaac Pereire,
rosa antica
impareggiabile amica.








Potessi in te e di te,
timido narciso giallo,
sbocciato tra le rovine,
godere all'infinito
non già d'inferno
ma di paradiso,
io vivrei saziata.

Volto pagina
per scrivere cosa
ancora non so
so solamente del bisogno
che ho di parlare
con voi, che soli come me
vegliate nella notte scura
a caccia di pensieri
da distribuire come sassi
che imbianchino la strada
desertica della paura.

Tu dormi, io veglio
tu sogni, io spero
d'avere ancora
notti bianche
per dipanare i misteri.

                                                                                                                                                   
Se mi perdo
nei mille rivoli del fare
indifferente mi è
la sonnecchiante
ragion dell'essere.
Se mi perdo
nel volto stellato
che eterno sovrasta
o nella gialla orbita
di una  composita,
a primavera,
volo sulle alte vette
sfiorando le ali al creatore
 ma se, all'incontrario,
poco, poco,  mi soffermo
su di noi, poveri mortali,
l'occhio e la mente
crudeli creature
s'addentrano
in tristi congetture
così ogni particella
nel grido universale,
spiantata, precipita,
in un inarrestabile vorticando.




Vorrei aver per sposo
un domani vestito di rose
bianche o rosa odoranti
di muschio, di mirra e di vino,
da deporre sull'altare ,
dall'immacolato candore,
del mio amore per te
stella viaggiante
al di sopra del cobalto
specchio e far si che
il sussurrato profumo
inebriando d'intorno,
doni sbornia d'incanto
al mondo disincantato
che mi circonda.

Sospirosa  mi soffermo a scrutare
piccoli scarabocchi bianchi
nell'azzurro cielo, come asceta.
In un crescendo di sinfonia infinita
faccio fatica a ritornare
con la mente, altrove,
dove tedio, fastidio e noia,
asfisia l'anima
che, ad altro anela.

Un soave canto,
come spuma, inonda.
Sulla sua scia
voluttuosa, s'inabissa
smarrendo la ragione,
la plagiata indifferenza.



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